Scanziani: “Vorrei arrivare al derby con la salvezza in tasca. Manca l’attaccamento alla maglia…”

La sua gioia più grande è stata quella di aver prima riportato la Samp in serie A e poi di aver vinto la prima Coppa Italia con la maglia blucerchiata. Parliamo dello storico capitano Alessandro Scanziani, mezzala di punta, dotato di fantasia.

Scanziani, ha militato nella Sampdoria dal 1981 al 1986, indossando anche la fascia da capitano. Che ricordi ha di questo periodo e del Presidente Mantovani? Sono state poste le basi per la Sampdoria che poi ha vinto in Italia ed in Europa nel corso degli anni successivi?

“Se andiamo a vedere la storia della Sampdoria, prima di quel periodo, la squadra alternava anni di A con alcuni di B, fino a quando non è arrivato il presidente Mantovani. Per far capire che persona era, racconto il nostro primo incontro. Ero ad Ascoli, al mio quarto anno di A. Iniziai ad avere qualche problema col mister attuale ed ho preferito andare via. Un mio compagno, Adelio Moro, mi disse che c’era la Sampdoria che mi seguiva. Sarei dovuto scendere in B, ma accettai di incontrare Mantovani. Allora venni a Genova e la prima cosa che il Presidente fece, fu porgermi una moneta d’oro, dicendomi che “era per il disturbo di essere venuto fino a Genova per parlare con me”. Sinceramente questa non mi era mai successa, anzi a volte capitava il contrario. Il Presidente mi disse subito che la sua ambizione era di vincere il campionato di A. Io sul momento pensai che fosse impossibile, ci trovavamo in serie B! Da quell’incontro e dal suo modo di fare, mi sono reso conto a quanto tenesse alla Samp e che ambiente aveva creato. Mantovani ha avuto poi ragione, perché abbiamo vinto prima la serie B, poi la Coppa Italia, che ho vinto da capitano. Negli anni successivi, ogni giocatore che arrivava era fortissimo. Senza Mantovani, la situazione si è un po’ complicata a livello societario, ma già ai miei tempi se non avevi possibilità economica e non avevi nei ruoli dirigenziali delle persone che capivano di calcio, era davvero dura”.

Che idea si è fatto della gestione del Presidente Lanna fino ad ora? E’ riuscito a trasmettere ai calciatori il significato di indossare una maglia gloriosa come quella blucerchiata?

“Io credo che il valore della maglia della Sampdoria lo sa chi è stato dirigente o ci ha giocato negli anni 80-90, lo sanno i tifosi blucerchiati. Perché sono quelli innamorati di questa società, di questa squadra e di questi colori. Mentre i calciatori che arrivano adesso, che siano italiani o stranieri, non so quanto siano veramente attaccati. Per fare un esempio, posso parlare di me che scendo di categoria, andando in B. Di Gianluca Vialli che non vuole saperne di andare via pur avendo richieste da altre società. E di altri ragazzi che militavano in quel gruppo. Una volta un ragazzo arrivava alla Samp e lo vedeva come un punto di approdo, adesso molti vengono con l’obiettivo di far bene per mettersi in mostra per altri club. È difficile che si innamorino a prescindere di questa maglia. Detto questo, va anche detto che dipende da chi è al vertice della società. Poi ovviamente ora come ora, la grande differenza la fa la possibilità economica della società”.

Nell’ultima partita di campionato, la Sampdoria ha raccolto tre punti fondamentali a Venezia. Giampaolo ha fatto bene a modificare il suo modulo base, togliendo un attaccante e inserendo un secondo trequartista, in appoggio a Caputo?

“Io credo che col Venezia sia stato un ottimo risultato. Credo che con la regola dei tre punti ci si possa permettere di rischiare un po’ di più, perché anche se perdi la partita, ma poi vinci quella successiva, porti a casa tre punti, che per chi è in lotta per la salvezza possono fare la differenza. Questo significa che tu puoi giocare con una punta sola, e gli altri compagni dietro la linea della palla. Però poi, quando la riconquisti, devi andare a fare gol. Col Venezia, sicuramente molta responsabilità l’ha avuta anche la loro difesa, portiere compreso. Noi siamo stati bravi ad approfittare dei loro errori, però bisogna migliorare. La classifica al momento è abbastanza positiva, perché poi abbiamo alcune partite, con squadre alla nostra portata, che sarà importante vincere o quanto meno non perdere. Prima raggiungiamo la salvezza matematica e meglio è, potendo poi giocare con serenità e con la voglia di mettersi in mostra”.

La Sampdoria a Venezia ha avuto al seguito oltre 1000 tifosi. Adesso che si ritorna alla capienza del 100% e con l’iniziativa dei miniabbonamenti, i tifosi possono trascinare i blucerchiati soprattutto nelle partite casalinghe?

“Io me lo auguro, però mi piacerebbe sapere che l’attaccamento alla maglia è reale da parte di tutti i giocatori. Ripeto il concetto detto prima, il gruppo di quando militavo io in blucerchiato, era si attaccato a questa maglia, ma era la società che ti faceva innamorare della maglia. Io per il Presidente Mantovani e per la mia società mi sarei buttato nel fuoco. Per fare un esempio del mio attaccamento, quando arrivò Bersellini, c’era la Roma che mi voleva, ma rifiutai, perché il mio obiettivo era fare bene a Genova e una volta smesso di giocare, avrei voluto entrare in società e dare una mano dall’interno, per riconoscenza verso Mantovani. Adesso non so se accadrebbe lo stesso, non c’è più l’attaccamento alla maglia è la differenza tra il calcio dei miei anni e quello attuale”.

Lei ha giocato sia nella Samp che nel Genoa. Tra un mese ci sarà il derby, quanto può valere ai fini della salvezza questa sfida?

“E’ una partita che potrebbe essere determinante per entrambe le squadre. Sia per la Samp, che in caso di vittoria potrebbe raggiungere la salvezza con certezza e condannare il Genoa, ma anche per il Grifone, che se dovesse vincere potrebbe rimandarci nella mischia. L’ottimo sarebbe arrivare a quella partita con la Sampdoria già salva. Allora si potrebbe scendere in campo divertendosi, sempre cercando di vincere, perché in un derby è sempre importante per i tifosi, i quali sentono questa partita più di tutte le altre”.

Che pronostico si sente di fare per la prossima partita con la Roma? Crede che il derby vinto dalla squadra di Mourinho possa incidere?

“Io credo che la Roma non sia appagata. Se poi i calciatori hanno qualche incentivo da parte della società stessa, se qualche singolo vuole mettersi in mostra, allora non possiamo certo parlare di appagamento. Casomai possono ritenersi appagate quelle squadre a centro classifica che hanno poco o nulla da chiedere al campionato. Vuoi perché non possono agganciarsi alla lotta per l’Europa, vuoi perché non rischiano più di retrocedere”.

Nel calcio italiano, ed in particolare nella Sampdoria, ha visto qualche giovane di prospettiva che l’ha sorpresa positivamente?

“So che la Primavera sta facendo un ottimo campionato, però in Italia si fa una fatica incredibile ad andare in prima squadra. Ai miei tempi, la rosa era di 16 giocatori, il resto, per arrivare a una rosa di  22-23 calciatori, venivano scelti i ragazzi dalla formazione Primavera. Vanno messi in condizione i giovani, soprattutto italiani, di far vedere il loro valore. La mia idea che porto avanti, quando parlo con i miei ex compagni di squadra dell’Inter, è di porre un limite ai calciatori stranieri, anche europei, come era una volta”.

Dulcis in fundo, a cosa imputa la mancata qualificazione della Nazionale italiana ai Mondiali in Qatar? A parte gli Europei, la Nazionale non si qualifica ai Campionati Mondiali da due edizioni consecutive. Il suo punto di vista?

“I giornalisti se la prendono con Mancini, per la mancata qualificazione al Mondiale, però va detto che è già stato un miracolo vincere l’Europeo. Più stranieri ci sono, meno italiani giocano. Prendendo ad esempio la mia carriera, io sono partito dal settore giovanile del Como, poi sono andato in quarta serie, poi in C a Livorno, sono tornato nuovamente al Como in serie A. Insomma, ho fatto tutta la mia trafila. Adesso chi gioca in D non lo vanno nemmeno a vedere, anzi, se riesce a farsi strada, va al massimo in Lega Pro. Difficilmente riesce a farsi notare da squadre di Serie A.  Molte volte la carriera dei calciatori viene indirizzata dai procuratori, che assistono il ragazzo, anziché dalle relazioni degli osservatori. Sono però contento che Mancini sia rimasto alla guida della Nazionale, ha dimostrato di essere un buonissimo allenatore. Io spero che gli diano una mano, sia a livello di Federazione che di Club, sennò la nostra nazionale farà fatica a qualificarsi non solo ai Mondiali ma anche agli Europei. Mi piacerebbe che venisse intrapresa una strada come quella che ha scelto Boniek con la Polonia. Da Presidente federale ha posto un tetto al numero di extracomunitari in ogni squadra”.